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Credo che è la prima volta che si sia in grado di impiegare questa espressione nella sua accezione più veritiera e sincera riferendoci alla configurazione urbanistica della città.
La città di Cassino come si sa ha avuto il destino più catastrofico che si possa immaginare per una comunità di cittadini e cioè l’annientamento totale e completo. Solo macerie. Alle quali vanno aggiunte quelle altrettanto esiziali sulla cima del sacro Monte sovrastante, tutto a opera degli Stati Uniti, che oggi, indefessi armaiuoli, armano anche i ‘salvatori’ europei a favore di Zelensky, dopo averli indottrinati e anche intimoriti. Nessuna polemica, solo il ricordo di fatti terribili della storia, buoni o cattivi.
Da tanta devastazione si salvò solo un albero, un platano! L’unico superstite, che si leva in un largario alla periferia cittadina. A dispetto degli anni e della guerra, la sua vitalità è a tutt’oggi vigorosa e rigogliosa; piantato verso la metà del 1700, oggi la circonferenza sicuramente oltre i dieci metri, perciò un gigante tra i patriarchi nazionali; deve la sua sopravvivenza e vitalità al fatto che l’acqua da cui trae la sua linfa vitale è particolarmente sovrabbondante nel sottosuolo, da qui la sua maestosità e la ricchezza della chioma: l’acqua dunque, ecco perché il ricordo del platano. E torniamo alla piazza inaugurata nei giorni scorsi a Cassino: una piazza che con la sua eleganza e raffinatezza da grande architetto è quasi una gemma nel panorama piatto e amorfo della città: con quegli zampilli in numero di tredici alti fino a circa tre metri, all’occorrenza luminosi e colorati, che come per incanto spuntano e sgorgano direttamente dal suolo, perfino vistosamente decanta per la prima volta il bene più prezioso della città: l’acqua, la falda acquifera cittadina ritenuta, infatti, tra le più ricche del Paese: fino ad oggi nella Cassino democristiana, ricostruita dalle fondamenta, mai si è visto una fontana o un manufatto che ne richiamassero l’esistenza, anzi!! Ora sotto gli occhi abbiamo una vera piazza, raccolta e contenuta, studiata nelle linee e nelle proporzioni, armoniosa, con alberi e acqua cioè con la vita, ariosa e spaziosa che i locali pubblici attorno evidenziano e arricchiscono con le proprie comodità ricettive. Il contesto urbanistico che si nota attorno è quello che abbiamo ricordato, modesto se non talvolta osceno per cui il valore e il significato di questa piazza-gioiello, come un cultore attento mi ha fatto osservare, avrebbe trovato la sua collocazione appropriata in qualche città della Mitteleuropa come Vienna, Salisburgo, Praga, Monaco, Berlino, anche Odessa….Cioè un cappello di alta classe su un vestito a brandelli. Non vogliamo attirare l’attenzione su certi particolari tecnici e architettonici della piazza quali la selezione e la cura e gli abbinamenti dei materiali, la presenza dei venti alberi già con qualche anno di vita, i sedili in pietre colorate che sono in verità delle sculture, lo smaltimento quasi invisibile delle acque, i marmi non scivolosi presso gli zampilli: attiro l’attenzione solo su un particolare che per la nostra mentalità è semplicemente eccezionale: quelle griglie in ferro (a parte l’impagabile disegno e lavorazione) ai piedi degli alberi allo scopo di tenerne sotto controllo le radici, quindi non scompaginare la pavimentazione! Una osservatrice attenta ha commentato che la piazza è diventata quasi l’agorà cittadina, cioè il foro, il punto d’incontro, finalmente, dei cittadini.
Un ulteriore aspetto rende ben propizia e benaugurante tale felice realizzazione e cioè il fatto che la piazza è intestata da sempre a Gregorio Diamare, l’abate di Montecassino e Vescovo di Cassino che visse le vicende terribili delle due distruzioni, dell’Abbazia e della città.
Certi interventi non tanto accettabili dell’attuale amministrazione sotto gli occhi di tutti, come pure un’attività, diciamo culturale, di livello più che modesto, avrebbero fatto dubitare se non disperare dell’accoglimento ed approvazione della rivoluzionaria progettazione sottoposta all’attenzione del Comune, abituati a ben altre proposte: al contrario, come riferiscono anche addetti ai lavori, l’approvazione è stata addirittura incondizionata, entusiasta e strenuamente difesa sia dal sindaco Salera e sia da gran parte degli amministratori che, dimentichi di quanto li circonda, hanno capito e approvato il valore quasi dirompente del progetto. Ora, come è prassi per tutte le opere pubbliche di pregio, non andrebbe omesso da parte del Comune di apporre, con discrezione, una piccola targa che ricordi l’architetto Giacomo Bianchi, il creatore della piazza miracolosa.
Michele Santulli