Foto della Sabina, Immagini di Monteleone Sabino e della chiesa di Santa Vittoria


Immagini di Monteleone Sabino e della chiesa di Santa Vittoria


Tra olivi e antichissime vestigia

[Il testo che segue è stato tratto dal sito della pro loco di Monteleone Sabino]

A circa 25 chilometri da Rieti, sulla via Salaria, si trova il bivio per Monteleone Sabino che si raggiunge dopo circa tre chilometri. E' il cuore attuale della storica TREBULA MUTUESCA

Il centro abitato, sito a 496 metri sul livello del mare, nella ricurva dorsale di una collina tondeggiante alle ultime propaggine dei monti Carniculani, conserva le strutture medioevali risalenti all'XI secolo, periodo nel quale ebbe il primo sviluppo e la fortificazione con il castello. La cinta muraria è ancora visibile; le torri sono parzialmente conservate e tutte riutilizzate come abitazioni.

Resta traccia della porta d'accesso secondaria, denominata Porta Pica, inglobata nel palazzo Lancelotti (Gamberi), costruito nel 1486. Nella parte più alta del castello è ancora ben visibile la torre principale in poderose pietre quadrate.

Nel secolo XIV Monteleone fece parte del dominio feudale dei Brancaleoni di Romània, nel 1400 passò agli Orsini e all'inizio 1600 tornò sotto la giurisdizione della Camera Apostolica.

Nel territorio tutt'intorno si evidenziano i resti archeologici della città sabino-romana. Questa località, fin da quando era un vicus, doveva godere una posizione straordinaria a bivio tra la Salaria e la Cecilia. Come è possibile appurare dalle testimonianze epigrafiche, in Trebula, si doveva esercitare una intensa attività culturale in direzione taumaturgica, che poi, attraverso il tempo, si trasferì e perpetuò in epoca protocristiana con il culto di S. Vittoria, martirizzata in quei luoghi.

Durante l'invasione saracena l' Abate Pietro di Farfa si rifugiò a Trebula. E fu proprio lui a farla fortificare, elevando la torre principale del castello.

La denominazione moderna pare derivare dai numerosi leoni litici che non è difficile rinvenire nel territorio circostante. Due di questi si trovano nella piazza XXIV Aprile su colonne, e altri due dinanzi all'ingresso dell'Ospizio che era dipendente dell'Ospedale Romano di Santo Spirito, interessante il portale in pietra del secolo XV.

Trebula fu patria del Console Lucio Mummio, vincitore della Lega Achea e distruttore di Corinto, ebbe il rango di Municipium al pari della vicina Cures.

Prima di entrare nella piazza XXIV Aprile, in un grazioso belvedere si può godere un ottimo panorama sulla sottostante vallata.

Tra le panchine del giardino c'è un interessante reperto di epoca romana: un lungo cilindro embricato (pulvino di un sarcofago romano) che nella parte terminare presenta un enigmatico volto, forse di Gorgone.

La struttura urbanistica dell'abitato è a spina di pesce con la strada principale rettilinea e le vie laterali in perpendicolo. La chiesa parrocchiale è dedicata a San Giovanni Evangelista, ha un portale quattrocentesco con fregi, tirsi e girali romani, unica testimonianza dell'originale edificio, che, distrutto, fu ricostruito nel 1770 da Giuseppe Petero di Lugano. L'interno della chiesa presenta un'unica navata a botte e quattro cappelle laterali, sopra l'altare maggiore si trova una tela di Vincenzo Manenti che raffigura la Madonna che appare ai SS. Giovanni Evangelista e Vittoria.

Ritornando dalla piazza al belvedere si può percorrere l'intero abitato lungo la via principale che attraversa il borgo scendendo fino al termine del paese. Capitelli, frammenti di fregi, pezzi di epigrafi nobilitano le facciate delle case. Risalendo, poi, si giunge presso la nuova sede del Comune, dove si può visitare il Museo Civico Archeologico. Di qui si può raggiungere la contrada S. Nicola con la chiesetta della Madonna del Rosario, che, già presente nel 1474, domina su un piccolo prato rialzato.

Oltrepassato l'abitato, a poca distanza, su un piccolo colle sorge un ex convento francescano con chiesa, chiostro e pozzo; il tutto in non buone condizioni ma pur sempre suggestivo. A fianco della chiesa si può notare l'ormai consueto leone in pietra. Ripresa la via principale, superato il cimitero, l'ambiente diviene estremamente suggestivo, un naturale parco archeologico si sviluppa tutt'intorno in un affascinante gioco di prati e di collinette che lasciano vedere resti di mura, blocchi squadrati di pietra, rocchi di colonne.

Nella parte piana dell'avvallamento (il luogo viene chiamato Pantano) stanno emergendo le strutture dell'antico anfiteatro di Trebula Mutuesca.

Ad aumentare il fascino di questo incontaminato e magico ambiente partecipano gli ulivi, da secoli guardiani fedeli e gelosi custodi di un'atmosfera primordiale. L’esistenza di abitati pre-romani è attestata dalla presenza di alcune cinte fortificate costruite in opera poligonale con blocchi di calcare rozzamente sagomati su alcune alture site nei pressi dell’insediamento romano. La divinità maggiormente venerata a Trebula era la dea Feronia.

E’ probabile che il tempio dedicato alla dea Feronia sorgesse nei pressi della chiesa romanica di Santa Vittoria, dove fu individuato e scavato a due riprese negli ultimi decenni un deposito votivo. Le citazioni di Trebula Mutuesca nelle fonti classiche ci consentono di delineare un quadro abbastanza esauriente sulla vita e sulla società dell’antico centro sabino, ormai romanizzato.

Sia Strabone, sia Dionigi D’Alicarnasso, sia Plinio il Vecchio menzionano l’abitato. Secondo una citazione del Liber coloniarum il territorio di Trebula Mutuesca sarebbe stato assegnato in età augustea con l'ager di Cures Sabini.