Foto della Sabina, CASTELLO DELLE GROTTE


CASTELLO DELLE GROTTE


Cittaducale

Storia del CASTELLO DELLE GROTTE (Cittaducale)

di Alessandro Ciace

Risalendo la valle del Salto, a circa 10 km da Rieti,dopo l’abitato di Casette, a circa metà strada, oggi frazione del comune di Rieti, ma parte integrante del territorio di Cittaducale fino alla metà del XIX secolo, la vallata si restringe, formando due alte pareti rocciose,in parte coperte di vegetazione. Lungo la strada provinciale si trova l’attuale villaggio delle Grotte, ai piedi della montagna di Ponzano, sotto i balzi rocciosi e le cavità dell’antica rocca abbandonata e diruta, a cui si accede per un ripido sentiero, che si sviluppa dalla piazza del paese.

Anche questo sito è posto al di fuori dello spazio geografico dei Monti Reatini, ma la sua descrizione risulta essenziale per comprendere la storia del sistema insediativi del territorio di Cittaducale. Le vecchie abitazioni sono per lo più ridotti a grossi avanzi coperti di vegetazione, mentre alcune sono state mantenute nella loro tipologia prettamente rupestre e riutilizzate come stalle. Percorrendo la cengia naturale sulla quale è costruito l’abitato, lungo la via che lo attraversa da est ad ovest,si identifica l’impianto abitativo,si evidenziano le singole case e le grotte diventate abituri,di cui la tradizione a conservato i nomi in relazione alla presunta originaria utilizzazione.

Lo scenario è di enorme suggestione: muri antichi si stagliano tra le pareti calcaree e il cielo,a picco sulla vallata, che si apre sotto le cenge che attraversano le pareti coperte solo in parte da vegetazione, dove il villaggio è perfettamente riconoscibile. Così i resti della torre a pianta circolare,con ambiente seminterrato con volta, di circa sette metri di diametro,si ritiene che fosse il carcere, mentre probabilmente si tratta del mastio. La grotta che si apre al di sotto, potrebbe essere il posto di guardia. L’ampia caverna in alto, al centro del salto principale e chiusa da lungo muro merlato, raggiungibile da lunghe scale appoggiate alla roccia, è chiamata “Grotta delle Zitelle”, la cui intitolazione,fa supporre ad un antico uso sacrale del sito, dedicato alle vergini del posto, alle ragazze nubili, protette in luogo riposto e sicuro.

Questo luogo serviva evidentemente come posto di difesa da parte di attacchi sferrati dal nemico,testimonianza ne danno i resti rinvenuti di pietre sferiche levigate,di grandezza di un palmo di una mano,che servivano proprio come arma di difesa. La grotta è larga circa 50 Mt, e profonda circa 4 Mt. Sotto la Grotta delle Zitelle si trova un’altra profonda cavità,che taglia tutta la base della parete rocciosa. La parte centrale della grotta è chiusa da un muro,con cui si è realizzato un grosso vano abitativo,adesso adibito a stalla per animali domestici. Verso ovest la cavità si allarga enormemente fino a formare un ampio strapiombo chiamato “L’eco” in quanto rimanda anche un piccolo suono proveniente dal fondovalle. Sotto il grande tetto naturale sono state costruite piccole unità abitative costituite da pietre,che fino a poco tempo fa venivano utilizzate come ricovero dai pastori che frequentano questi posti con i loro animali ( prettamente pecore ) che pascolano indisturbate in questo splendido scenario naturale. Al di sopra di questo rudere si trova la vecchia chiesa di San Vittorino martire,vescovo di Amiterno, all’interno del quale,sino a trent’anni fà erano visibili tracce di affreschi. La chiesa del Sancto Victorino de Griptis, è riportata nell’elenco delle Chiese Reatine del 1252,tra i luoghi sacri di Santa Maria delle Valli ( tra Calcariola e Verano ), e nei registri quattrocenteschi dell’introito dell’episcopato Reatino,dove “l’Ecclesia San Victorini de Griptis Saltus” risulta assegnata ancora a Santa Maria in Valle, la quale però è compresa tra quelle di Cantalice.

Successivamente, nel XVII secolo, la chiesa di San Vittorino fu costruita fuori dal castello, lungo la via che conduce al fondovalle. Oggi è anch’essa quasi completamente diroccata e ricoperta di vegetazione, ( fino a qualche tempo fa erano rinvenuti resti di ossa,che facevano presupporre che fosse utilizzata come vecchio cimitero),e tuttora si trova in discrete condizioni visibile da chi frequenta queste zone. Fino a pochi tempi fa essa non era accessibile in quanto la vegetazione ne aveva completamente invaso la sede, ma con l’opera di deforestificazione avvenuta essa è oltre che visibile, anche accessibile. Tutt’ora è di proprietà Comunale,e c’è in piedi un progetto di salvaguardia che porta la struttura ad essere salvata,modificandone l’utilizzo ad un centro di accoglienza per turisti. Tuttavia l’antica chiesa di San Vittorino è segnalata,con il suo nome,in stato di efficienza,nella Tavoletta I.G.M del 1879 e in quella del 1893,dove sono perfettamente leggibili le abitazioni rupestri lungo il sentiero,senza alcun rudere. In quelle tavole l’antico insediamento è individuato nel toponimo “Le Grotte”, che invece si perde,insieme alla chiesa di San Vittorino,nella tavoletta del 1948,dove il villaggio è indicato dirupo. Fuori dall’antico abitato rupestre sorgono altri edifici abbandonati,costruiti con le tecniche del tempo,ossia pietre e fango, altre che chiudevano aperture di grotte ricavandone unità abitative,le quali erano abitate sino all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento. Verso est,lungo il percorso che risale la montagna,si riconosce un vecchio acquedotto con cisterna,a circa 200 Mt dal vecchio insediamento. Esiste un affresco del 600 che raffigura il Castello delle Grotte presso il salone Vescovile di Cittaducale, esso è raffigurato come è stato descritto dagli studi fatti,particolare è la chiesa di San Vittorino,che è raffigurata in maniera pressoché uguale sia all’interno del castello,sia quella costruita all’esterno dello stesso,come prima descritto, essa ha le stesse dimensioni,il tetto a doppio spiovente,il campanile a vela nella parte absidale,due finestre laterali,ed il rosone sulla facciata. Il castello delle Grotte inoltre è raffigurato nelle pianta cinquecentesca di autore sconosciuto,conservata nella Pinacoteca Civica Reatina. Il Castello è citato,come le “Grotte”,nel particolare di una delle carte geografiche dell’Abruzzo,nella collezione delle carte geografiche d’Italia,nella Galleria dei Musei Vaticani. Il Castel delle Grotti di Salto è rappresentato in modo simbolico,nella pianta allegata alla vertenza seicentesca per i confini tra Cittaducale e Rieti. Esso è rappresentato come una enorme piazzaforte cinquecentesca,di forma quadrangolare,con mura poderose,bastioni a scarpa pentagonale e l’abitato simmetricamente al centro. Nulla di più lontano dalla realtà,forse l’autore ignoto voleva raffigurare con l’immaginazione l’inespugnabilità del luogo fortificato dalla natura,ed il suo valore strategico. In un disegno tecnico per dimostrare i danni fatti dalle numerose scosse sismiche verificatisi nel grande sisma del 1703,alla “Terra delle Grotti” conservato negli archivi di stato di Napoli, si vede l’abitato,costruito sulla cengia rocciosa con le due porte laterali ed i ponti di accesso,diviso in due da un enorme movimento franoso. Le case,che formavano un’unica cortina muraria,risultano distrutte dalla caduta di enormi massi staccatisi dal balzo superiore,come indica la leggenda del disegno,che dichiara la presenza di altre “rupi di imminente precipitio sopra la porta orientale della Terra e case”. Altre rupi insidiose minacciavano la chiesa interna di San Vittorino,raffigurata ancora integra,con il tetto a doppio spiovente,tre finestre laterali,il campanile a vela sopra la facciata,dove si apriva un rosone. Tuttavia nella pianta settecentesca del confine tra Rieti e Cittaducale,di autore sconosciuto,il castello è raffigurato in tutta la sua efficienza di piccola fortezza,arroccata su un’altra ripa di monte,sulla sponda destra del Salto,protetta dal fiume e munita di grosso mastio merlato con caditoie,che sovrasta le case strette a formare un’unica muraglia,servita da una bella porta e da un ponte ad una sola arcata. L’abitato alto e basso di Grotti sono Riportati nell’Atlante geografico del Regno di Napoli del Rizzi Zannoni,realizzato intorno al 1808.

Il catasto settecentesco di Grotti,descrive un territorio diviso tra i terreni alluvionali di fondovalle,intorno a “Rocca Cieca” e alle strutture della “Doganella”,di là dal fiume (dove il confine con lo Stato Pontificio si consolidò soltanto a metà dell’ottocento) quelli aspri e difficili intorno all’antica rocca abbandonata,e l’altopiano di Ponzano. I primi sono indicati con toponimi tipicamente palustri,quali “Stagno”, “Colle della Lama2, “ La Roscia “, “ Prataro “, “ Colle della Rosciola “, “Le Vasche”. Sull’altopiano di Ponzano il catasto settecentesco indica il villaggio omonimo,sopra il “Colle Taccone”. I terreni intorno alla rocca, indicati tra il pianoro di “Vallocchia” in alto,con la “Fonte Roscia”, il villaggio e la strada regia in basso,avevano toponimi che ne indicavano l’asprezza delle “Coste delle Balsella”, ossia dei balzi rocciosi su cui si affacciavano. In quell’area sono descritte numerose cavità naturali utilizzate come ricoveri,tra cui “la grotta delle Vasche”,verso il piano,”Grotta dello Cocciuto”,”Grottone”, “Grottella”, “Grotta dello Vociuto”(forse la grotta dell’eco);e poi la “Grotta dei Vassalli”,evidente retaggio dell’organizzazione feudale,rintracciabile verso il “Colle Sacconi”,sul sentiero per “Case Sacconi” e “Casali Ponzano”;e la “Grotta del Prete”,appena fuori delle mura della rocca,verso ovest,dove negli anni cinquanta del novecento il Professor Radmilli individuò reperti fittili di tipo preistorico. Il catasto provvisorio napoleonico per le province napoletane,impiantato nel 1809,nel Registro dello Stato delle sezione del 1824,nella sezione “H” di Grotti, riporta gli edifici dell’antico abitato alle “Grotti Vecchie”,ancora utilizzati come abitazioni e stalle,insieme alla chiesa di San Vittorino interna all’abitato antico. Le caverne e i ripari di tutti i versanti della montagna di Ponzano probabilmente sono stati utilizzati dall’uomo sin dalla preistoria,a giudicare dagli importanti risultati ottenuti dalle esplorazioni paletnologiche condotte in quest’area. Tuttavia il castello delle Grotte entra a far parte della storia ad iniziare dalla sua partecipazione alla costituzione di Cittaducale all’inizio del XIV secolo,per poi diventarne uno dei maggiori punti di forza della sua difesa,sopra i confini del Regno,e figurare negli statuti quattrocenteschi della città,tra le località che avevano diritto ad eleggere i”Gabellotti”,tutori del corretto uso del territorio. Gli abitanti che contribuirono al popolamento della nuova città furono inseriti nel quartiere di “Sant’Antimo”,insieme a quelli di Calcariola, Santa Rufina, Valviano, Mezzanola, Sivestrella, e Cerqua montana. La struttura del Castello delle Grotte lo rendeva apparentemente innocuo,quasi uno sparuto villaggio di cavernicoli,ma in realtà risultava invincibile nelle numerose dispute confinarie e tanto difficilmente espugnabile. “Da queste Grotte che tu credi frivole case i Leoni t’imposero di uscire”,cosi recita in latino il motto del blasone dell’affresco del castello nella sala vescovile di Cittaducale. Pare sia stato saccheggiato solo una volta,al tempo della discesa in Italia di Ludovico il Bavaro attorno al 1338. Fu poi in lotta con i vicini castelli al tempo di Luigi re di Ungheria,che nel 1347 venne nel Regno di Napoli per dichiarare guerra alla regina Giovanna. Inoltre è citato nelle lotte di confine che si susseguirono nel XV secolo fino all’arrivo delle truppe di Carlo VIII. I soldati svizzeri pur avendo occupato la vallata e l’altopiano di Ponzano,non riuscirono a violare la difesa del castello. Le cronache Aquilane ricordano che il 22 gennaio 1492, 200 soldati svizzeri andarono per saccheggiare la rocca delle Grotte,passando dalla banda di sopra,ossia aggirando il villaggio fortificato dall’alto,tentando di calarsi dal ciglio del balzo superiore,approfittando di una fitta nebbia che c’era in quella sera,e che in questi posti è sovente trovare. L’assalto fallì,in quanto fu respinto,e nel tentativo di fuga da parte degli assalitori,molti di essi si persero nella montagna,molti caddero dalle vene e balzi che si trovano in questo posto. Quell’avvenimento è entrato nella leggenda,che narra dell’assalto al castello delle grotte da parte dei Tedeschi,probabilmente gli svizzeri di Carlo VIII. I Tedeschi,riferisce la leggenda,cercarono di calarsi dal ciglio superiore del castello,cercando di sorprendere gli abitanti racchiusi nella grotta delle zitelle,riparati dalle mura,essi con fascine incendiate e lanci di pietre fallirono il loro tentativo,in quanto gli abitanti ben protetti riuscirono a mettere in fuga gli assalitori uccidendone anche alcuni. Secondo la leggenda gli abitanti del castello erano uomini speciali,capaci di vivere in situazioni di grande difficoltà e precarietà, arrampicandosi con destrezza tra le rocce e gli antri delle pareti dove erano custodite le loro case ardite; erano guerrieri feroci e coraggiosi,come ricorda anche il motto del blasone seicentesco,che identifica il loro villaggio. L’antico villaggio rupestre fortificato,è diventato la sede di tutti i miti fondativi,luogo spettrale abitato ormai solo dalle streghe,che in sella a cavalli fatati andrebbero volando di balzo in balzo,per impedire a chiunque di andare in cerca di tesori nascosti in qualunque di quelle grotte,secondo il canone tradizionale,che suppone l’esistenza di fantastici eldoradi in ogni sito abbandonato.

Oggi per visitare e riconoscere il Castello delle Grotte,bisogna recarsi sul posto percorrendo un sentiero montano che si raggiunge passando dall’alto dell’attuale paese di Grotti, lungo il sentiero si notano i resti del vecchio paese,si scorge la vecchia chiesa di San Vittorino (ex cimitero)ora pulito un pochino dalle sue erbacce che lo invadevano,poco più in alto si erge una grande falesia che altro non è che il castello con la Grotta delle zitelle, percorrendo a sn si trovano altri resti,tra cui un vecchio abitato riportante il logo di “falce e martello” ben impresso e visibile, più avanti si erge la chiesa degli alpini (Madonna delle Rocce), essa fu costruita da abitanti del posto (ex alpini) tra cui mio nonno Antonio Restani che ne fu il principale artefice,e di cui ne sono molto orgoglioso, in quanto realizzare questa opera circa 30 anni fa non fu facile. Proseguendo il sentiero, ben visibile, si raggiunge direttamente il santuario della Madonna dei Balzi.

Ricerca tratta dagli studi fatti dal sig.Marinelli