Spettacoli, La Mite



Beatrice Visibelli torna in scena con il racconto di Fëdor Dostoevskij

Nella Giornata Internazionale della Donna parte il nuovo tour di uno degli ultimi successi firmati Teatri d’Imbarco, “La Mite”, un intenso monologo sulla violenza domestica che Nicola Zavagli ha tratto dal racconto di Fëdor Dostoevskij per l’interpretazione di Beatrice Visibelli. In questo originale allestimento, il capolavoro della letteratura ottocentesca si rivela urgente per capire dal profondo il nostro tempo, nella sua ’attualità più incombente: quella della prevaricazione che, dal rapporto di coppia, si estende a qualsiasi relazione tra persone. L’attrice, dando voce al carnefice, si immerge nei labirinti oscuri della sua mente, con un inedito e sconcertante rovesciamento di prospettive e di ruoli. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Roma di Castagneto Carducci (Livorno, 8 marzo), al Teatro del Popolo di Rapolano Terme (Siena, 9 marzo), al Teatro delle Spiagge di Firenze (11 e 12 marzo) e al Teatro La fenice di Arsoli (Roma, 18 marzo).

Ispirato a un caso di cronaca, questo racconto è stato pubblicato dall’autore nel 1876, nel numero di novembre del suo Diario di uno scrittore a cadenza mensile. In Italia è arrivato per la prima volta nel 1919. “Immaginate un uomo la cui moglie, suicidatasi alcune ore prima gettandosi dalla finestra, sia stesa davanti a lui su un tavolo. L'uomo è sgomento e ancora non gli è riuscito di raccogliere i propri pensieri... Ecco, parla da solo, si racconta la vicenda, la chiarisce da se stesso". Così scrive Dostoevskij nel presentare l’opera ai lettori. L'uomo, quarantuno anni, ex capitano cacciato dal reggimento con l'accusa di viltà e ora titolare di un banco dei pegni, non è un inveterato criminale, ma come l’uomo delle Memorie del sottosuolo è divorato dalla rabbia e dal rancore. Ha sposato una sedicenne di umili condizioni e la sua avidità senza scrupoli lo ha portato a considerare la moglie solo una sua proprietà. Il racconto restituisce con sconcertante realismo il suo soliloquio interiore che alla fine, tra contraddizioni, accuse rabbiose e false giustificazioni, lo avvicinerà poco a poco alla verità, in un crescendo incalzante dove emergerà il carattere tutt'altro che mite della giovane donna.

“In questo monologo abbiamo cercato di far emergere l’interiorità del personaggio, e poi la forma scenica si è creata naturalmente.” – racconta Beatrice Visibelli – “È stato quasi indispensabile rovesciare i ruoli, senza mai pensare alla costruzione di un personaggio che fosse necessariamente un uomo o necessariamente una donna. Dalla cronaca emerge l’uomo violento che uccide e tortura, in una parola: il mostro. Ma il mostro, in quanto tale, non è più nemmeno uomo, è lontano, lo percepiamo come altro da noi. E non è affatto così. Come ha detto anche Alessandra Pauncz, presidente dell’Associazione Centro di ascolto Uomini Maltrattanti, nutrirci continuamente della cronaca non ci aiuta a comprendere fino in fondo la violenza. Dobbiamo fare i conti con il fatto che in ognuno di noi si può annidare un torturatore, così come in ognuno di noi si può annidare una vittima. Quando la voce del carnefice è risuonata artisticamente dentro di me, lo spettacolo aveva già una sua impronta ben precisa, che poi è quella che più riusciva a mostrare l’evidenza – e dunque la necessità – della parità di genere.”

“La Mite” di Dostoevskij si conferma ancora una volta come un capolavoro urgente per capire dal profondo il nostro tempo. “Nell’adattamento di Nicola Zavagli il protagonista resta un uomo dell’Ottocento, macchiato dalla viltà e per questo corroso da un rancore e da una solitudine che possiamo considerare estreme.” – continua Visibelli – “Ma la sua è una frustrazione che esiste ancora oggi. Pensa le stesse cose che pensano oggi un ragazzo, una donna, un uomo emarginati in qualsiasi contesto sociale, dalla scuola al lavoro. E qui emerge anche un altro aspetto che riporta La mite nell’attualità più incombente: quella della prevaricazione che, dal rapporto di coppia, si estende a qualsiasi relazione tra persone. Ogni volta che riprendo in mano questo testo, lo rileggo e mi ci immergo dentro, sento risuonare non solo la violenza di genere, ma tutte le azioni messe in atto da chi è in una posizione di potere, come fa un dittatore su un popolo. Ogni spettacolo, ogni forma d’arte, ha anche lo scopo di stimolare una riflessione nel pubblico, e credo che oggi una riflessione imprescindibile sia quella che ci porta a scegliere da che parte stare.”

DATE:

Mercoledì 8 marzo al Teatro Roma di Castagneto Carducci – Livorno

Giovedì 9 marzo al Teatro Del Popolo di Rapolano Terme – Siena

Sabato 11 e domenica 12 marzo al Teatro delle Spiagge – Firenze

Sabato 18 marzo al Teatro La Fenice di Arsoli – Roma