Spettacoli, La a stagione autunnale 2023



Danza, Teatro e Performance

Dal 29 settembre al Supercinema di Tuscania prende il via la stagione autunnale di danza, teatro e performance di Twain Centro Produzione Danza, con la direzione artistica di Loredana Parrella. Il nuovo allestimento del “Don Quijote” della Compagnia Petrillo Danza apre una tre giorni di spettacoli in cui torna anche il Focus Giovani, l’appuntamento dedicato alla nuova autorialità che vede quest’anno come protagonisti VIDAVÈ, Artemis Danza/La casa oscura, Pergallini/Pitarresi, Capanna/Carulli/Scappa e Giovanfrancesco Giannini.

Venerdì 29 settembre “Don Quijote”, riallestimento in una nuova versione di una creazione del 2015 con regia e coreografia di Loris Petrillo, sarà in anteprima al Supercinema prima dell’avvio della sua tournée. Il “folle” cavaliere mostra la delusione che l’uomo subisce di fronte alla realtà. Non è difficile immaginarsi come lui, oggi. Eterni cavalieri che combattono quotidianamente con i mulini a vento di una società decadente. Lo spettacolo è un inno alla resistenza, ora più simile ad una parodia ora ad un elaborato di più complesso spessore, è un viaggio simbolico nei meandri dell’esistenza.

Sabato 30, per la rassegna Focus Giovani, saranno ospitate le creazioni “Spoken Dance / figure coreografiche” di VIDAVÈ, che paragona alcune figure retoriche nel linguaggio parlato a delle modalità di composizione coreografica nella danza con l’intento di costruire un sistema personale per l’interpretazione di un testo scritto attraverso il movimento; “Akmé” della compagnia Artemis Danza/La casa oscura, in cui i due coreografi e danzatori Sabino Barbieri e Núria Argilés espongono sensazioni vicine al limite in una coreografia stimolante che ci trasporta nel mondo delle relazioni con gli altri e con sé stessi; “Sinopia” di Marco Pergallini e Maria Stella Pitarresi, autori e interpreti sostenuti da Twain, che partendo dal concetto di principio, di strato/stratificazione, richiamato dallo stesso titolo, rielaborano coreograficamente la “Cacciata dal Paradiso” di Masaccio ed il ritrovarsi dei due corpi in una nuova terra.

Domenica 1 ottobre Sara Capanna, Barbara Carulli, Michele Scappa presentano “Tracce | Looking for a place to die”, progetto vincitore del Premio Theodor Rawyler 2022 del Festival di danza contemporanea TenDance, le cui riflessioni sul termine “tracce” hanno orientato lo sviluppo di una qualità corporea pronta a fare, disfare e, dunque, a trasformare le norme regolatrici dell’architettura spaziale e temporale entro la quale si sviluppa la danza, una danza che vive nell’istante. Chiude “Cloud” di Giovanfrancesco Giannini che, lungo un percorso costellato di input digitali che riflettono il nostro sguardo sui problemi dell’epoca contemporanea, accompagna il pubblico in un viaggio nel vortice del web e della comunicazione, in un personale archivio dati, nella propria memoria individuale.

La Stagione Autunno 2023 è realizzata con il contributo di Ministero della Cultura, Regione Lazio, Fondazione Carivit e Comune di Tuscania.

PROGRAMMA:

29 settembre

h 21 | Supercinema

Compagnia Petrillo Danza

Don Quijote

Regia e coreografia Loris Petrillo

Musiche AA.VV.

Elaborazioni Loris Petrillo

Consulenza drammaturgica Massimiliano Burini

Interpreti Nicola Simone Cisternino, Ugn? Kavaliauskait?, Yoris Petrillo

Disegno luci Loris Petrillo

Produzione Twain Centro Produzione Danza

Con il contributo di MiC – Ministero della Cultura, Regione Lazio, Comune di Tuscania

In collaborazione con TSI La Fabbrica dell’Attore/Teatro Vascello – Roma

presenza di nudo in scena

Quella di Don Quijote è una follia sana. Spinta da un impulso interiore che ne deforma la realtà, tanta è la voglia di cambiarla. Il “folle” cavaliere mostra il problema di fondo dell’esistenza, cioè la delusione che l’uomo subisce di fronte alla realtà, la quale annulla l’immaginazione, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l’uomo si identifica. Non è quindi difficile immaginarsi come lui, oggi. Eterni cavalieri che combattono quotidianamente con i mulini a vento di una società decadente.

Il Don Quijote contemporaneo è un uomo che viene illuso, deluso, ingannato e si trasforma da sognatore ironico e spensierato in un personaggio tragico, che prima di dichiararsi risanato e pentito, e dunque vinto, sul letto di morte, esclama: “io sono nato per vivere morendo”.

“Non muoia, signor padrone, non muoia. Accetti il mio consiglio, e viva molti anni, perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morir così senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento”.

È a queste parole, quelle che Sancho Panza rivolge al suo cavaliere errante in fin di vita, che Loris Petrillo si è ispirato per affrontare il suo lavoro coreografico, Don Quijote.

Lo spettacolo è un inno alla resistenza, al coraggio, un invito a rimettersi in piedi per combattere la delusione che si subisce di fronte alla realtà. Da sempre l’uomo è stato costretto dalle vicende della vita a ripetuti compromessi, a sconfitte, a tristezze, ma con un pizzico d’idealismo ogni folle potrebbe essere più savio di quanto si possa credere e scoprire, contro ogni apparenza, la vera essenza dell’esistenza.

Con la sua sete di giustizia, il Don Quijote di Loris Petrillo è quell’uomo qualsiasi ma non qualunquista che non teme di essere sconfitto e che anzi cerca il continuo confronto come fonte di conoscenza, quell’uomo che non si stanca di combattere, che se cade non ha timore a rialzarsi e più forte di prima, quell’uomo che crede fortemente nei grandi ideali e si batte contro gli pseudo-principi privi di ragione, quell’uomo disposto ad affrontare il lungo viaggio della ricerca del proprio io per perdersi tra i labirinti del mondo.

Attraverso il carattere e la personalità dei personaggi del capolavoro seicentesco di Cervantes, Don Quijote, Sancho Panza e Ronzinante, lo spettacolo affronta i temi più profondi dell’esistenza dell’uomo ma senza tralasciare gli aspetti più grotteschi ed esilaranti degli stessi che per fortuna pure gli appartengono. Lo stesso spettacolo, ora più simile ad una parodia ora ad un elaborato di più complesso spessore, è proprio per questo, soprattutto un viaggio simbolico nei meandri dell’esistenza.

FOCUS GIOVANI

30 settembre

h 21 | Supercinema

VIDAVÈ

Spoken Dance / figure coreografiche

Coreografia VIDAVÈ

Danzatori Noemi Dalla Vecchia, Matteo Vignali

Composizione Audio VIDAVÈ

Progetto vincitore del premio Residanza 2022/23 di Movimento Danza Napoli organismo di promozione nazionale, co-prodotto da DANCEHAUSpiù Milano centro di produzione nazionale

La creazione paragona alcune figure retoriche nel linguaggio parlato, a delle modalità di composizione coreografica nella danza, con l’intento di costruire un sistema personale per l’interpretazione di un testo scritto attraverso il movimento. Una serie di voci di cantautori, politici, attori e poeti, interferiscono fastidiosamente con il flusso di movimento di due danzatori, tanto da costringere gli stessi ad interrogarsi, attraverso un dialogo auto ironico, sull’effetto del loro gesto sul pubblico. La via che queste figure coreografiche cercano di costruire è quella per raggiungere un equilibrio tra funzionalità ed espressività nella performance, ponendosi anche come riflessione etica sul senso di responsabilità dell’artista che crea per un pubblico.

Figure coreografiche è una delle molteplici creazioni che costruiranno il progetto Spoken Dance, un contenitore di sperimentazioni coreografiche delle somiglianze e differenze tra linguaggio parlato e linguaggio di movimento, entrambi temi di grande interesse ed ispirazione per VIDAVÈ. Questo progetto della “danza parlata e/o parola danzata” viene avviato nel 2023 e si svilupperà durante un lungo arco temporale, attraverso diverse azioni di ricerca, studio e composizione, con l’intento di costruire più creazioni di breve durata, in un unico raccoglitore di relazioni tra parola e movimento, entrambi artefatti di uno stesso pensiero umano. Il fine ultimo è quello della ricerca di una nostra identità coreografica attraverso un’estetica che possa distinguersi dalle altre.

Artemis Danza/La casa oscura

Akmé

Idea e coreografia originali Sabino Barbieri e Núria Argilés

Drammaturgia Sabino Barbieri

Interpreti Sabino Barbieri e Núria Argilés

Composizione e montaggio musicale Leonardo Carletti

Fotografia Dimitrios Klingopoulos

Traduzione Sophie Smith

Produzione Artemis Danza

Akmé è un pezzo di danza contemporanea eseguito da due ballerini che espongono sensazioni vicine al limite. Usano i loro corpi per creare immagini aperte all'interpretazione dello spettatore. Una coreografia stimolante che ti trasporta nel mondo delle relazioni, sia quella che condividi con una persona, sia quella che hai con te stesso.

Perché sorge AKMÉ? Siamo esseri limitati che vivono in spazi limitati e per un tempo limitato. Forse abbiamo bisogno di creare nuovi limiti, siano essi mentali, biologici, sociali...

Affrontare uno di questi potrebbe generare alterazioni dentro o fuori di noi, in caso di superamento potrebbero portarci a stadi con un punto di non ritorno, come l'orgasmo o la morte. Quali sensazioni provi quando sei vicino a un limite? Stiamo parlando di Akmé.

Riesci a ricordare una situazione in cui hai sperimentato la massima intensità?

La parola originaria Acmé, che deriva dal greco, è il punto di massima intensità, di massimo splendore. È lo stato di crisi e anche di climax. È il punto di massimo sforzo di un esercizio fisico o di perfezione nell’opera di un’artista. È il momento di maggiore tensione che potrebbe innescare un conflitto. Saresti in grado di identificare cosa ha causato il tuo Acmé?

Pergallini/Pitarresi

Sinopia

Di e con Marco Pergallini, Maria Stella Pitarresi

Musiche AAVV. e Angelo Sicurella/Limone Lunare Records

Produzione Twain Centro Produzione Danza

Coproduzione Festival Danza in Rete-Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza

In residenza presso Spazio Fani, Supercinema e Teatro Il Rivellino – Tuscania (VT); “atuttotondodanza" residenze creative per artisti – Vigonza (PD) in collaborazione con Padova Danza, La Sfera Danza, Echidnacultura, Comune di Vigonza; Teatro San Materno – Ascona (Svizzera); Dance Gallery – Perugia; Diesis Teatrango/Teatro Comunale di Bucine (AR)

Con il sostegno di Citofonare PimOff – Milano, HOME Centro Creazione Coreografica – Perugia

Con il contributo di MIC – Ministero della Cultura, Regione Lazio, Fondazione Carivit

Vincitore premio “Residenza Teatro San Materno” presso Festival Presente Futuro 2021, Teatro Libero, Palermo

Vincitore bando “Citofonare PimOff 22/23”, Milano

Finalista “Premio Internazionale Prospettiva Danza Teatro 2022”, Padova

Vincitore bando “Portraits on stage 2022”

«Il nostro io è costituito dalla sovrapposizione delle nostre condizioni successive. Ma questa sovrapposizione non è immutabile come la stratificazione di una montagna. Avvengono continuamente stravolgimenti che fanno affiorare in superficie strati più antichi.»

Marcel Proust

La “sinopia” è lo strato preparatorio del disegno in cui viene usata della terra rossa, grazie alla quale progressivamente prende forma la fase completa di un’opera. In senso biblico la sinopia dell’essere umano può essere ricondotta alla figura di Adamo ed Eva, uomo e donna, primi strati di un intero genere. Il punto di partenza su cui ci siamo focalizzati riguarda tutto ciò che è riconducibile al concetto di principio, tutto quello che è vita ancor prima della vita stessa. Partendo da questo concetto, di strato/stratificazione, di “prima volta”, una delle prime immagini che hanno colpito il nostro interesse è stata la rappresentazione della “Cacciata dal Paradiso” di Masaccio.

Il nostro intento è quello di rielaborare coreograficamente attraverso la nostra fisicità la cacciata dei due corpi dal Paradiso e il fatto che si ritrovano catapultati in una nuova terra, in uno spazio ostile e profano. A partire da una forza di gravità che costringe i due essere umani ad allacciarsi l’uno sull’altra, arrivano infine a dei virtuosismi verticali che non possono però che precipitare verso il pavimento. Il tutto avviene attraverso una struttura semplice e diretta che possa mettere in luce la sensazione che i due corpi stanno vivendo in quell’istante, lasciando spazio ad un silenzio che si mantiene dinamico, dove iniziano a sentirsi strato partecipe della terra, nonché uno strato dell’altro, per la prima volta.

1 ottobre

h 21 | Supercinema

Capanna/Carulli/Scappa

Tracce | Looking for a place to die

Di e con Sara Capanna, Barbara Carulli, Michele Scappa

Musiche originali di Joaquín Nahuel Cornejo

Co-produzione Company Blu e Rosa Shocking

Con il sostegno di Armunia e Anghiari Dance Hub

Progetto vincitore del Premio Theodor Rawyler 2022, Festival TenDance

«Quella che sono stata una volta non si ricorda più di quel che sono adesso [...] parlatemi della morte, della fine di tutto, affinché io senta una ragione per ricordare...».

Il marinaio, F. Pessoa

Tre corpi si (con)formano in figure, che sfuggono all’accecamento luminoso esponendosi al buio. Il loro è un luogo altrove, dove il presente, che potrebbe essere già stato o che potrebbe esistere, può solo essere ricordato o immaginato. Tracce | Looking for a place to die è un viaggio alla ricerca di un con-vivere e di un con-morire: una crisi attraversabile con il gioco della matassa, descritto da Donna Haraway, “tramite grovigli e zigzag che necessitano di passione e di azione, di momenti di stasi e di mosse improvvise, di ancoraggio e di slancio".

Le tracce sono degli indizi di uno stato precedente, delle piccole quantità residue, dei segnali che permettono di ricostruire una traiettoria. Possono essere cercate, trovate, lasciate, percorse e ricordate. Sebbene ogni traccia sia unica e originale, ciascuna di esse ha la caratteristica di essere inevitabile. Queste prime riflessioni sul termine “tracce” hanno orientato lo sviluppo di una qualità corporea verso una gestualità anarchica, che fosse pronta a fare, disfare e, dunque, trasformare le norme regolatrici dell’architettura (spaziale e temporale) entro la quale si sarebbe sviluppata la danza. Una danza che vive nell’istante, che potrebbe essere già stata o che potrebbe esistere, che può solo essere ricordata o immaginata. Come durante un sogno, i corpi si (con)formano mantenendo uno stato duplice di attività e passività, di consapevolezza e non premeditazione.

Portare l’attenzione sul sentire corporeo in relazione a tutto quello che questo evento può attivare, può scatenare una crisi. Proprio come si evince dalla sua etimologia greca (krísis: scelta, decisione), la crisi è una condizione di instabilità che trova risoluzione in una decisione. I corpi danzanti, mettendo in discussione i propri punti fermi e distaccandosi da ciò che è a loro noto, vivono una continua ricerca di senso e consenso di movimento che passa attraverso la scelta. Guardarsi e lasciarsi guardare sulla soglia, perdersi, scoprirsi e ritrovarsi.

Nel tentativo di svincolarsi dalla convenzione secondo la quale si illumina ciò che deve essere visto, vengono abitati i margini e i confini - dei “vuoti polverosi”-, attraverso differenti ritmicità. Tracce | Looking for a place to die è un atto estremamente vitale, è la costante generazione di nuove possibilità, sulle quali si può far luce solo stando nel buio, proprio come il forte bagliore emanato dalla morte di una stella.

Giovanfrancesco Giannini

CLOUD

Un progetto di Giovanfrancesco Giannini

Disegno luci Valeria Foti

Ricerca e curatela Gianmaria Borzillo, Denis De Rosa, Giovanfrancesco Giannini, Antonia Treccagnoli

Produzione Körper

In coproduzione con Ariella Vidach - AiEP, Santarcangelo Festival

Con il sostengo di AMAT, nell’ambito di “Marche casa del teatro Residenze d’artista” con

Comune di Pesaro, Regione Marche e MiC, La Briqueterie CDCN du Val-de-Marne et

Théâtre de Vanves - Scène conventionnée d’intérêt national “Art et création” – Paris

Con il contributo di MiC - Ministero della Cultura e Regione Campania, Istituto Italiano di

Cultura di Montreal, Dom Utopii - Mi?dzynarodowe Centrum Empatii, Cracovia

Selezionato per Tanzmesse 2022 - Open Studios, NID platform 2021 - Open Studios,

DNAppunti coreografici 2019

Lungo un percorso costellato di input digitali – fatto di immagini e video che riflettono il nostro sguardo sui problemi dell’epoca contemporanea – Giovanfrancesco Giannini accompagna il pubblico in un viaggio nel vortice del web e della comunicazione, in un personale archivio dati, nella propria memoria individuale. Lo spazio scenico si apre al reale, connettendosi a geografie remote in un affresco mediatico che incorpora e tenta di restituire tutte le informazioni: il corpo diviene testimone e medium dei contenuti che il database condivide seguendo flussi di movimento che si cristallizzano in immagini. Un corpo che perlustra, ma anche un corpo che tenta di “rifigurare” e testimoniare il mondo visibile.