L’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea, in convenzione formativa con l’Università degli Studi di Roma Tre, accreditata dalla Regione Lazio, iscritta all’albo di Roma Capitale e del Comune di Canale Monterano, presidente fondatrice la prof.ssa Fulvia Minetti, vicepresidente il dott. Renato Rocchi, direttore artistico Antonino Bumbica, inaugura la mostra di Angelo Mastria alla Galleria Accademica d’Arte Contemporanea della Città d’Arte Canale Monterano di Roma in Corso della Repubblica n.50 il 28 maggio 2022 alle ore 19.00, aperta al pubblico fino 11 giugno 2022 ore 10,30-12,30 con ingresso gratuito.
Angelo Mastria è nato a Roma nel 1954, ha conseguito la maturità artistica all’Istituto Statale d’Arte Roma II, negli anni in cui era diretto da Enzo Rossi. Ha insegnato Disegno e Storia dell’Arte presso alcuni Licei Scientifici di Roma. Dal 1980 svolge attività professionale nel campo della Grafica. È stato socio professionista AIAP Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva e Member of BEDA Register of European Designers. Collabora nel settore editoriale alla progettazione di volumi d’arte, affiancando importanti artisti contemporanei. Attualmente è Curatore della sezione INNOVART contenuta nella rubrica Lifestyle di Tixe Magazine. Premiato nella sezione installazioni alla Biennale Internazionale d’Arte di Bari e Area Metropolitana BIBART, è stato fra i 100 Pittori a Palazzo Fani a Tuscania, ha esposto al Castello Orsini di Fiano Romano, presso il Castello della Castelluccia a Roma per Riconoscimento al Merito in Arte dell’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea con pubblicazione permanente nella Mostra Accademica dell’Arte Contemporanea online con critica in semiotica estetica all’opera artistica e al Museo Crocetti di Roma per la classifica di finalista al Premio Arte Borgo.
“La rappresentazione artistica del Mastria è movimento della conoscenza, che intaglia un riconoscimento, poiché l’uomo è la coscienza in divenire di un medesimo ricordo inconscio originario. Il presente è il transito di una mimesi, di una ripetizione analogica formale: nelle maschere la presenza si imita e si rimanda nell’assenza. La sostanza si dispiega in un luogo molteplice di variazioni, perché la vita si iscrive nel teatro trascendentale della rappresentazione, nell’esibizione figurata in forma.
L’artista vive il legno sempre in medias res, quasi fosse senza principio e senza fine, entro figure paniche, tutte emotive. Ogni momento è ritmico e secondo, lunare e plurimo, riflesso che segue e ripete un’origine in declinata invocazione. Tuttavia, il cromatismo e lo stato ritmico della ripetizione in figura d’incastri di poli oppositivi elementari gettano il luogo fratto e inerziale del legno nell’ardenza ignea del movimento dialettico, ove il cerchio si eleva a simbolo della danza armonica in chiasmo fra le forme dell’arte e finanche fra opera e fruitore. Nel movimento ad intreccio è l’atto di transustanziazione, di un’identità nutrita dalla differenza.
L’artista cerca nella geometria i minimi termini dell’armonia universale e ricompone la musica del simbolo, unisce il molteplice nella concentrazione di senso, nel connubio sponsale d’inconscio e di coscienza, per arrestare la corsa di significante in significante, per una sintesi che superi la dialettica oppositiva e che trascenda gli opposti in presenza, nella sinestesia di un senso dentro l’altro.
La sublimante metafisica geometrica del Mastria è un gioco incessante dal caos al cosmo, dal cosmo al caos, ove le forme sono maschere metaforiche, effimere epifanie di un medesimo essere. Così il cerchio, la retta, la curva, il triangolo, il rettangolo, sono i luoghi proiettivi di occhi, di orizzonti, di forme labiali, di aggressivo desiderio, di donna, di casa: elementi antropomorfi e zoomorfi sollevano totem indicali di un’origine comune condivisa.
Gli assemblamenti del Mastria compongono e scompongono le forme geometriche in qualità di caratteri della lingua dell’universo, alla ricerca del fiore euclideo, sintesi oppositiva, simbolo di perfezione della natura, che emerge alla sezione aurea di una proporzione divina, che si manifesta in un terzo sguardo d’intuizione, che mira oltre la forma, a superare i contenuti della coscienza.
L’apoteosi del nulla è il rituale cerimoniale di una sintesi eroica, attraverso cui l’artista attua una divinizzazione sostanziale della vacuità formale della rappresentazione: la ripetizione è rito che dà senso all’oggetto della vita. È questa un’ontologia fenomenologica: l'esperienza cosciente del nulla è in continuo superamento e trascendimento alla totalità, nel progetto di divinizzazione al senso.” (Critico d’Arte prof.ssa Fulvia Minetti)