Ormai i ciociari e le ciociare, i briganti, i pifferari ed organettari e zampognari erano divenuti, nel 1800, una componente abituale della pittura in Europa, cioè i protagonisti della pittura per la prima volta nella storia dell’arte, dopo secoli di cristi, madonne, veneri e apolli, guerrieri e odalische.... Tutto iniziò a Roma dove queste creature erano in continuo incremento e non solamente dalla Valcomino; ‘Ciociaro’ perché fu dalla calzatura ormai divenuta, e nota, come ‘ciocia’ -in certi luoghi: ciocio- che i Romani di Roma iniziarono a individuare questa umanità, con addosso stracci colorati: e ‘ciociaro’ spesso sostituito con ‘guitto’ o ‘cafone’, non era certamente un complimento, e tale anche negli anni successivi. E’ stata tale scarsa considerazione, non solo dei Romani nei confronti del nome ‘ciociaro’ e delle persone, che ha sostanzialmente ottenuto che la immensa produzione pittorica europea con tali soggetti tra fine 1700 e prime decadi del 1900 venisse allora e anche oggi, individuata con estesa e impropria varietà di connotazioni: figure romane, costumi della campagna romana, laziali, romaneschi, campagnoli e poi abruzzesi, napoletani, calabresi, zingari, mentre gli artisti stessi di norma si servivano di ‘Italiano’ o di ‘romano’: eppure il termine ‘ciociaro’ sotto le raffigurazioni dei personaggi a opera di Pinelli, di Ferrari, di Marroni e di altri pittori degli inizi del 1800 era una realtà già diffusa. A tale disinteresse storico si aggiunga -non a giustificazione- che la parola ‘ciociaro’ era già di per sé difficoltosa a pronunciare e a scrivere per gli artisti stranieri, cosa che in qualche modo fu di sostegno alla negativa reputazione risvegliata nella popolazione romana: il risultato è che il costume ciociaro, sebbene noto in tutto il mondo e la sua iconografia presente nella quasi totalità dei musei e gallerie, viene ancora oggi definito con le appellazioni più bizzarre, restando dunque in verità sconosciuto nella sua origine e provenienza pur se ogni giorno milioni di persone hanno sotto gli occhi queste immagini. Infatti dopo la iconografia sterminata di Napoli e di Venezia, il primo posto nella pittura dell’Ottocento europeo è occupato dalla presenza del personaggio in costume ciociaro, mai visto su un quadro prima di allora! E‘ la cosiddetta ‘pittura di genere all’italiana’: una apoteosi. Si rammenti che tutti o quasi gli artisti europei nel corso di circa centocinquantanni hanno dipinto queste creature e, certamente incredibile, perfino la crema: H.Robert, Degas, Renoir, Corot, Manet, Leighton, Sargent, Bouguereau, Briullov, Cézanne, Van Gogh, Ant.Mancini, perfino Picasso, De Chirico, Severini, Depero, Boccioni…: non c’è in verità un soggetto che possa vantare tale compendio di paternità! Una autentica apoteosi!
Per saperne di più, si sfogli IL COSTUME CIOCIARO NELL’ARTE EUROPEA DEL 1800.
Grazie alla presenza permanente durante tutto l’anno di circa quattrocento-cinquecento giovani artisti stranieri -in prevalenza pittori e scultori- si rese possibile a Roma la nascita miracolosa di quella che si può definire la pittura ciociara: parallelamente la curiosità e la sensibilità degli artisti oltre che dall’abbigliamento fu attratta anche dalle fisionomie e poi dai corpi delle creature davanti a loro. Quanto colpiva particolarmente era il portamento armonioso e plasticamente equilibrato delle donne tanto da parere perfino altezzoso e orgoglioso, dovuto invece alla pratica ancestrale non certamente agevole, di portare sul capo oltre che figli e altri pesi, le tine piene d’acqua attinta in luoghi quasi sempre distanti e quindi tragitti all’insegna della fatica e dello sforzo, su per i vicoli e stradine e spesso in pendenza, perciò l’attenzione e l’equilibrio erano di rigore; e poi quelle membra che si intravedevano attraverso gli stracci indossati, quegli occhi neri luccicanti, le capigliature corvine che sbucavano dai fazzoletti sul capo e poi i corpi degli uomini, i loro volti bruciati dal sole e segnati dalla fatica, furono un secondo irrinunciabile motivo di attrazione. E quindi gli artisti iniziarono ad occuparsi anche dei volti e dei sembianti, delle espressioni e del corpo delle donne e degli uomini e quindi le pose vere e proprie negli studi e soprattutto presso l’Accademia di Francia, anche la sera. Nacque per la prima volta nella storia della pittura la figura del modello di artista professionale, nacque il mestiere della modella: fu coniato anche il termine scientifico di ‘modella’ al femminile, assente nelle lingue europee.
Questo soggetto del costume ciociaro che andiamo descrivendo è ben conosciuto nella storia dei musei, epperò non se ne conosce il nome, si figuri la provenienza! Qualche anno fa il parigino Museo d’Orsay organizzò una grande mostra durata sei mesi con i quadri ciociari illustrati dai pittori francesi e intitolò la iniziativa: Les paysans du Latium. Tante mie osservazioni e correzioni furono recepite dagli studiosi del museo ma il titolo rimase: avvenne dunque che il visitatore poté teoricamente commentare: ma che bei costumi indossavano a Rieti o a Viterbo o anche a Latina! Fu persa dunque la occasione storica di far chiarezza, finalmente. Numerose altre iniziative si svolgono ovunque con questi soggetti: l’aspetto sconcertante è sempre il medesimo: tutti i costumi hanno un nome ma quello più conosciuto e più illustrato al mondo è senza nome! Si immagini dunque il ruolo e il significato di una pinacoteca del costume ciociaro, da qualche parte nel pianeta, possibilmente nella terra d’origine: quale richiamo sia scientifico sia turistico, fermo il resto: la consacrazione e la legittimazione di un capitolo fondamentale della storia dell’arte occidentale. Epperò fino ad oggi tutte le istituzioni pubbliche, sia locali sia nazionali, totalmente morte a tale prestigiosa realtà!
Michele Santulli